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PREZZI PAZZI DEL LEGNO

I PREZZI PAZZI DEL LEGNO: 2020 - 2021

Il legno tra fine 2020 e giugno 2021 ha subito una forte impennata dei prezzi.
Cosa sta succedendo al prezzo di legno e materie prime?
La domanda in apertura è quella che molti, tra lo sconcerto e la rassegnazione talvolta, si stanno ponendo e ci pongono negli ultimi mesi. L’aumento dei prezzi riguarda in generale tutte le materie prime: dall’acciaio all’alluminio, dalle materie plastiche al legno. Questi aumenti, iniziati l’autunno scorso, appaiono decisamente fuori da qualsiasi normale variazione e al momento non danno alcun segno di volersi fermare. A questi si aggiungono poi, ulteriori rincari, per esempio, su pellet, vernici e pvc.
Il problema purtroppo non è semplice e di rapida risoluzione, poiché non è riconducibile solo alla pandemia da covid come vedremo.
Prezzo del legno fuori controllo da settembre 2020
Volendo dare da subito alcuni dati concreti, non possiamo non partire da un grafico impressionante che riguarda la Germania. Da maggio 2020 (in piena pandemia e contrazione per il settore dei legnami da costruzione) a maggio 2021, a parità di m³ di materiale acquistato si è passati da un costo di 250 $ a 1500 $. Più del quintuplo! Passando alla vicina provincia di Trento, di recente già duramente colpita da Vaia, l’impennata dei prezzi del legno tondo tra 4° trimestre 2020 e 1° trimestre 2021 è altrettanto lampante.
Passando al legname per imballaggi (1.500 imprese in Italia per un fatturato di 1,7 mld nel 2019), questo da settembre 2020 a febbraio 2021 è aumentato del 30%. A Il Sole 24 Ore Ezio Daniele, presidente di Assoimballaggi - FederlegnoArredo con 40 anni di esperienza alle spalle nel settore, ha detto: «non ho mai visto una situazione del genere. Anche in passato è accaduto che i prezzi del legno aumentassero, ma non con questa rapidità e comunque i flussi delle forniture sono sempre stati regolari». Sempre Ezio Daniele nella medesima intervista sottolineava come un aumento che inizialmente poteva sembrare positivo, per un settore già in crescita anche grazie al riciclo dei materiali, si stesse tramutando in un problema: «…ma l’aumento dei prezzi, cominciato in autunno, e soprattutto la penuria di materia prima destano grande preoccupazione, anche perché questa tendenza non accenna a migliorare e il rischio è di non riuscire a soddisfare le richieste dei clienti, oppure di dover alzare a nostra volta i valori,…».
Se era prevedibile una risalita dei prezzi, dopo una contrazione provocata da chiusure e blocchi di interi comparti per mesi, di certo non lo era in tali termini.
Guardiamo ora a più ampio raggio il primo semestre 2021. Ad aprile scorso, nel giro di poche settimane si era registrato negli USA un aumento medio del 49%. Aumento che raggiungeva persino un più 60-70% in Europa, con una differenza quindi significativa. Qui tra i massimi produttori vi sono ovviamente Germania, Austria e il nostro nord Italia, proprio grazie all’aumento delle foreste negli ultimi decenni, di cui abbiamo parlato in un recente articolo. Da questi primi dati si può presto comprendere la serietà della situazione in cui versa il nostro continente, dove molte imprese, specie italiane (poiché di medio-piccole dimensioni e più vulnerabili di fronte a tali oscillazioni) rischiano di rimanere in ginocchio o dover aumentare i prezzi in modo importante. Con ricadute ovviamente sui consumatori finali quando si rivolgono a falegnami, mobilifici, imprese edili e posatori di pavimenti in legno.
Volendo riportare un ulteriore esempio, riferito a un materiale tra i più usati in edilizia, il legno lamellare, questo è passato in un solo trimestre «da 400 a 700 euro al m³». Se pensiamo che un aumento fisiologico e sopportabile si aggira sul 10%, come sottolineato in un’intervista da Angelo Marchetti, presidente di Assolegno, comprendiamo ancora meglio il contesto straordinario in cui ci troviamo.
Le cause di questi prezzi pazzi sono molteplici e non imputabili esclusivamente al covid. Anzi, proprio l’assommarsi di varie problematiche nello stesso periodo è il motivo per il quale ci troviamo ad analizzare questi dati, che necessitano risposte forti e tempestive.
In primo luogo Cina e USA da mesi acquistano sempre più legno da opera in Europa, specie abete e larice, potendo tra l’altro meglio sostenere gli aumenti di prezzo in corso. La crescente richiesta ha al suo interno altre con-cause, in una sorta di effetto domino. USA e Cina pare siano usciti prima e meglio dalla crisi sanitaria e hanno visto (a differenza nostra) una precoce e robusta ripresa economica. Settore edilizio incluso. Tale ripresa ha bisogno di materie prime, che i due paesi comprano appunto da noi. Prova nel sono le foto dei porti della Germania del nord pieni di legname da opera pronto a partire per gli USA. Entrambi i paesi inoltre, sono attraversati da una forte spinta alla conversione verso l’edilizia sostenibile. Spinta ancora più marcata se possibile in Cina, la quale vuole dare una precisa immagine di sè in vista di un evento mondiale ormai prossimi: le Olimpiadi invernali 2022. In definitiva, riguardo la sola Cina per il 2021 «la domanda di legno per fini strutturali di Pechino potrebbe toccare i 70 milioni di m³ e i 75 milioni nel 2022».
Perché allora, queste super potenze non acquistano da altri paesi produttori come Canada e Russia? Qui sta la seconda macro causa. Nell’ultimo periodo il Canada ha ridotto fortemente le esportazioni verso gli USA. Questo a seguito dei dazi di Trump ma, soprattutto, dell’attacco da parte di un tarlo ai propri boschi, che ha portato a perdere in soli tre anni un’area forestale pari a tre volte la Svizzera. Dall’altra parte la Russia ha inserito delle norme che vietano l’esportazione di legname grezzo, a favore di legname lavorato o semi-lavorato, inducendo così la Cina ad approvvigionarsi per tempo in Europa, in modo da sostenere la crescita interna.
Le cause interne all’Europa
A questi fattori va aggiunto un terzo. La Germania nei 15 anni precedenti aveva aumentato notevolmente la produzione di legname, con conseguente ampliamento dei complessi di produzione. Proprio nell’ultimo periodo, però, la stessa Germania ha iniziato a ridurre il taglio di legno, con ritorno sui valori precedenti al boom. Ciò sia a causa della pandemia, sia di un problema simile a quello che sta ora affrontando il Canada. La differenza è che in Germania, così come in Austria e nord Italia, le foreste sono meglio controllate e quando queste subiscono l’attacco di tarli si procede celermente al taglio, per non subire perdite maggiori. In altre parole, in Germania prima di questa crisi sanitaria stavano iniziando a ridurre il taglio di alberi, per permette alle proprie foreste di ricresce e rafforzarsi.
Un quarto fattore è l’espansione dell’edilizia sostenibile nel nostro paese, legata almeno in parte al bonus del 110%. I dati parlano di un contenuto +2,5% nel 2011, che nel 2018 era diventato un più sostenuto + 7,5% e che è ulteriormente cresciuto nell'ultimo periodo. Dalla nostra analisi, per ovvie ragioni non esaustiva, ma che vuole dare comunque il termometro della situazione, si comprende bene come l’eccessiva richiesta, contemporaneamente alla riduzione della produzione, sia un mix davvero esplosivo.
Infine, possiamo aggiungere un ultimo fattore, ossia le limitazioni nei trasporti dell’ultimo anno e mezzo. Ciò ha ridotto gli approvvigionamenti per molti mesi e, causa uscita del Regno Unito dall’Europa, ha subito ulteriori ritardi.
Per concludere vogliamo ribadire che non dobbiamo dimenticare che il legno è pur sempre una preziosa materia prima, ma è limitata nella quantità e quindi merita rispetto.
Resta comunque da precisare, e la storia ce lo insegna,  che l'utilizzo di legno per la produzione di arredi rimane la scelta più ecologica e sostenibile per evitare di riempire le nostre discariche di arredi industriali usa e getta.
Loris Fadini